Mondialpista – Un destino cinico e baro

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E’ andata così… pazienza!” Queste furono le ultime parole di un’intervista che Umberto Pellegrini rilasciò al sottoscritto nell’ormai lontano 2009, quando la chiusura del Kartdromo di Parma, il tempio del Karting mondiale, già paventata negli anni precedenti, divenne triste realtà. In questi ultimi 3 anni è rimasta lì, bella come il primo giorno, sempre ben tenuta, l’erba tagliata, i cordoli ridipinti, ma chiusa. Germano, uno dei 3 figli di Umberto (con Donatella e Tiziano), l’ha accudita per tutto questo tempo, forse nella speranza che qualcosa cambiasse, più probabilmente perché è stata la sua vita fin da ragazzino.

5 Campionati del Mondo, 4 Campionati Europei, innumerevoli gare con validità Internazionale, hanno decretato il successo planetario di questo meraviglioso impianto. Piloti come Ayrton Senna e Therry Fullerton ne hanno scritto pagine e pagine di storia, Alex Zanardi ci vinse l’Europeo nel 1987, il pluri iridato Mike Wilson si portò a casa ben 2 dei suoi 6 Mondiali. Teatro anche di tragedie come la scomparsa di Andrea Margutti, dalla quale nacque il prestigioso Trofeo che spesso ha visto la presenza di più nazioni che non al Mondiale stesso.

In 40 anni di gare, da Parma sono passati tutti i migliori piloti della storia del motorsport. Vincere qui equivaleva alla laurea più prestigiosa, perché da sempre chi è andato forte a Parma, è andato forte dappertutto. Ma il mondo delle corse nel tempo è cambiato. Le varie piste sono via via diventate più lunghe, i requisiti di sicurezza più severi, e l’attenzione si è spostata verso il sud, sfruttando le zone turistiche del nostro paese. Ma la Mondialpista (questo il suo vero nome…) non ha potuto attrezzarsi, stretta com’era nella morsa dell’arteria ferrovia più importante d’Italia da un lato, e dalla via Emilia dall’altra. L’insana ostinazione da parte delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni, nel voler concedere permessi abitativi sempre più a ridosso dell’impianto, ha poi del tutto azzoppato le speranze della famiglia Pellegrini di investire ulteriormente nel tracciato.

Persa ogni speranza di farsi riassegnare un evento “titolato”, la Mondialpista ha mantenuto solo i suoi prestigiosi Trofei e la fedeltà dei kartisti domenicali. Di per se un decente indotto, considerando anche le sessioni di test che le squadre prenotavano per poter avere un responso veritiero sui loro mezzi e piloti, ma che non le rendeva più giustizia. Per capire meglio quello che il Kartdromo di Parma ha rappresentato, vale la pena ragionare per analogie: nel mondo del calcio sarebbe come chiudere San Siro. O nel Tennis tramutare in giardino botanico il campo di Wimbledon. E perché non costruire appartamenti nel Madison Square Garden?

Nel campo dei motori sono anni che in Italia si gioca al massacro. Non si è fatto nulla per salvare Imola, ci si accanisce a intervalli regolari su Monza, dove in tempi recenti si tentò addirittura di far demolire lo storico anello ad alta velocità in cambio della promessa di risparmiare il circuito odierno. Poi per fortuna qualcuno è rinsavito… Una nazione che non da valore alla sua storia forse non merita nemmeno di averne fatto parte. E pensare che l’Italia grazie alla Ferrari avrebbe un peso politico-sportivo di primaria importanza…

La speranza di rivedere di nuovo aperta la Mondialpista, anche solo per i kartisti domenicali, si è spenta del tutto in questi giorni, quando una squadra di demolizioni ha raso al suolo tutte le infrastrutture della pista, risparmiando per il momento il solo circuito. E purtroppo l’essere nata su 2 terreni appartenenti a proprietà diverse non ha certo aiutato, specie in un momento di crisi come quella che il mondo sta attraversando negli ultimi anni. Quando le ruspe interverranno anche sul nastro di asfalto, curve come la Ciak, la Allen, il Tornantino, la Quadra, spariranno per sempre. Un altro pezzo di storia è andato, senza che nessuno abbia battuto ciglio. Ad Umberto Pellegrini è rimasta la soddisfazione di essere stato l’ultimo a girare sulla pista che ha creato. Un giro percorso lentamente, non solo per l’età, ma anche per riassaporare tutti i 40 anni in cui ci ha messo anima e cuore, metro dopo metro, curva dopo curva. Lo ha fatto dietro un paio di occhiali neri e sfoggiando un sorriso beffardo alla cattiva sorte. Ma chissà quanta amarezza.