Corto… circuiti

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Il Gran Premio di Germania e quello d’Italia hanno più punti in comune di quanto non si pensi. Storie diverse certo, ma che per una qualche coincidenza a volte finiscono per intrecciarsi. La velocità ad esempio. Malgrado la diversa natura dei tracciati, il vecchio Nurburgring di 22 km era considerato si tecnico, ma anche molto veloce. Troppo se si pensa alla Formula1 di quegli anni. A rimarcarne la pericolosità fu l’incidente di Lauda nel ’76.

La “seconda vita” del Deutschland Grand Prix viene così ospitata sul circuito di Hockenheim. Quasi 7 km in piena Foresta Nera. Lunghissimo e velocissimo, come Monza, l’altro Gran Premio ad alta velocità. Molto simili anche nella conformazione, con lunghi rettilinei spezzati da 3 chicane che servivano più a far respirare i motori, che non ad un tentativo di abbassare la lancetta del tachigrafo. Ma come ogni cosa bella, essa è tale solo se purtroppo ha una fine. E’ il 2002 e l’intero circuito, fatta eccezione per l’ultimo tratto denominato motodrome, viene letteralmente cambiato per scopi promozionali. I boschi attorno al nastro d’asfalto non permettono una pubblicità idonea alle riprese televisive… Ne esce uno scempio, che nulla c’entra col sinonimo di velocità. Erroneamente il disegno tutt’oggi viene attribuito ad Hermann Tilke, ma per una volta (e solo per questa eccezione…) il “devastatore di autodromi” non c’entra un granchè.

Non bastasse questa deturpazione, per creare l’attuale Hockenheimring era necessario disboscare altra foresta, e quindi, si decise che il verde venisse giustamente restituito in altro luogo. Peccato che l’unico bacino di attecchimento sembrò essere proprio il settore abbandonato, ovvero i lunghissimi rettilinei tagliati dalle 3 chicane, due delle quali portavano i nomi di Jim Clark e Ayrton Senna, e l’ultima in ordine di costruzione intitolata a Patrick Depailler. Robetta da niente… Oggi gli appassionati possono ancora percorrere il vecchio circuito a piedi, ma calpestando un impronta fatta di erba e foglie. I tedeschi guardano in malo modo ancora oggi il nuovo circuito così come i francesi fanno da sempre con la piramide vetrata del Louvre. Un grande sfregio! Ma la passione è tanta, ed i nuovi tifosi forse in quegli anni erano appena nati.

E pensare che di piste in giro per l’Europa ce ne sarebbero a decine, meglio del tracciato tedesco. Senza andare a scomodare il Mugello, in Italia abbiamo il World Circuit Misano. O il vecchio e velocissimo circuito di Pergusa in Sicilia. In Austria la pista di Zeltweg, nominata assieme a SPA in Belgio, il circuito più bello del mondo. In Spagna ci sarebbe Valencia, ma non quello attuale sul porto, che assomiglia più ad un parcheggio del supermercato, bensì quello che chiude la stagione della MotoGP. E poi in Portogallo, Olanda, Inghilterra, Svezia…

Di massacri come quello tedesco  l’Italia è piena. L’ultimo in ordine di tempo è il caso del Kartdromo di Parma. Ma la terra non ha ancora smesso di tremare, e non ci riferiamo all’Emilia. E’ attualissima infatti la situazione proprio di Monza. Rimasta unica nel suo genere, dopo l’umiliazione della gemella Hockenheim, il circuito brianzolo ha dovuto resistere a moltissimi attacchi, alcuni dei quali miravano alla totale chiusura dell’impianto. Non c’è bisogno di dilungarsi su ciò che rappresenti Monza per il motorsport in generale, ma quello che lascia sgomenti è che in qualche modo si stia assistendo ad un’implosione bella e buona. I problemi infatti, ora, nascono dal dentro.

E’ complicato da spiegare in poche righe, soprattutto quando ci si trova dinanzi ad una moltitudine di direttori. All’ordine attuale pare che ce ne siano addirittura 4! Un pastrocchio…

La prima tegola è caduta nella gara di SuperBike a Maggio, dopo che alcuni piloti alla curva parabolica (l’ultima…) sono finiti a terra per motivi inspiegabili. Si è dato colpa all’acqua, ma poi è emerso un disfacimento dell’asfalto in prossimità della staccata. A causa dell’ umidità e della pressione atmosferica il nastro diventava gibboso in più punti. Quasi impercettibile, ma tant’è. Finisce così? Nemmeno a parlarne, perché in questi giorni la Guardia di Finanza, che sta verificando alcune soffiate di uno dei 4 direttori, scopre casualmente delle registrazioni telefoniche tra i responsabili. “Si vedono le bolle?”, “Certo che si vedono!”, “Beh, tienitelo per te, noi lo scopriamo solo ora…”, con buona pace per la vita dei piloti.

Hockenheim cadde per motivi venali. Monza rischia per cause stupide e faide tra poteri (inutilmente) forti. E’ la solita “questione all’italiana”? Si, lo è…