Un gradino più su

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Nella Terra degli Dei, essere un Dio è la cosa più banale a cui si possa aspirare. Avere super-poteri, laddove tutti li hanno, equivale ad essere un normale. A meno che non si dimostri di essere un Dio speciale!

Sebastien Loeb appartiene di diritto a quest’ultima categoria, e non è una novità. Aveva già dimostrato nel 2007 cosa poteva e sapeva fare al volante di un’auto da pista. In quell’occasione Loeb il marziano dei traversi, a bordo di una Pescarolo arrivò addirittura a mettere in discussione la leadership dell’Audi, classificandosi 2° assoluto.

Negli anni successivi, per vincoli contrattuali e concomitanza di gare, non ebbe più modo di ripetere l’esperienza. Ma a certa gente il prurito non passa facilmente. Così, nel 2012, mentre cavalcava la via del 9° titolo Mondiale Rally, si è guardato attorno. Ha individuato dapprima la categoria che poteva esaltare le sue qualità, poi ha deciso che doveva metterci la faccia e presentarsi come team manager oltre che come pilota, infine ha lasciato che il cuore e l’istinto scegliessero l’auto per lui: Porsche, Ferrari, Audi, Mercedes, BMW, Ford, Nissan, Lamborghini?

No, McLaren! La vettura che nel 2012 al debutto nelle corse aveva mostrato solo qualche lampo di competitività, ma che non aveva del tutto convinto venendo bollata come ancora troppo acerba.

Ma Sebastien ne ha compreso il potenziale, oltre al blasone del marchio. Non ultimo, il fatto che vincere su una vettura con un palmares ancora così scarno, gli avrebbe dato più lustro che non su una Rossa di Maranello. E ha vinto al debutto!

Ma cosa rende così speciali i piloti da Rally, una volta deciso di scendere in pista? Perché la performance di Loeb non è la sola… E’ semplicemente la più eclatante, vuoi per il personaggio, vuoi per la scelta delle categorie in cui impegnarsi, LeMans e FIA GT.

A metà anni ’90, un giovane Andrea Navarra entrava nell’orbita Subaru. Il suo talento rallistico viene messo in luce durante la finale del Memorial Attilio Bettega al Motor Show di Bologna. Andrea, cesenate, corre davanti al pubblico di casa. E’ un tifo da stadio quello che lo acclama mentre macina i suoi avversari uno ad uno. E’ il 1994. Lo vincerà anche nel ’95, ’96, ’97, 2002, 2003 e 2004. Prima di lui, su quella Subaru, aveva trionfato un certo Colin McRae…

Ma ad un certo punto, come a tutti gli Dei curiosi, anche ad Andrea è venuta voglia di pista. Si schiera in una gara di coppa Renault. Vittoria immediata per il cesenate che dimostra quanto valga la passione per i kart e soprattutto quanto la scuola rallistica conti anche per l’asfalto.

Negli ultimi anni abbiamo assistito anche al “travaso contrario”, ovvero pistaioli prestati alla terra. Valentino Rossi prima, Robert Kubica poi. Anche in questo caso si è assistito a prestazioni esaltanti, ma con risultati spesso catastrofici. Un conto è saper andar forte ovunque e con qualunque mezzo, un altro paio di maniche è guidare “sulle uova” per un intero weekend, cercando di assimilare le note del copilota, sfiorando muretti e fossati e schivando piante! Kubica ci ha quasi rimesso la pelle, e anche adesso che è tornato, non ha perso il vizio di appiccicare l’auto ai tronchi d’albero. Onore comunque alla passione e al coraggio di aver sfidato la morte e aver vinto!

Tutto questo avvalora un’altra tesi. Quella che dice che c’è di più. Oltre la terra degli Dei, un gradino più su, c’è la terra dei Piloti. E’ una specie di Hall of Fame aperta solo a coloro che hanno saputo distinguersi dai semplici Dei, quelli che per inciso, non avranno mai il pass per entrare.