Tennis: Stan Wawrinka, re per una notte

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Pochi, anzi probabilmente nessuno, due settimane fa avrebbe scommesso sule reali possibilità di Stan Wawrinka di vincere l’Open d’Australia 2014. Il tennista svizzero, classe 1985, finora in carriera aveva incassato solo 5 tornei, nessuno maggiore, vivendo sempre nell’ingombrante ombra del suo connazionale Federer, con cui aveva portato a casa un oro in doppio alle Olimpiadi del 2008. Ma tolto questo alloro, Stan non si era mai fatto notare veramente. Sempre ai margini dei migliori, sempre troppo grasso e sempre troppo molle di testa per competere con i top player, Wawrinka ha iniziato a crescere da quando si allena con Magnus Norman, sfortunato tennista svedese, numero due del mondo nell’anno 2000. Con lui Wawrinka ha trovato una forma fisica da atleta professionista (o quasi) e ha messo insieme i pezzi del suo tennis (fin lì un’accozzaglia di grandi colpi, specie il rovescio, sparati senza troppo costrutto).

Quel che gli mancava ancora era la continuità, e soprattutto la forza mentale non solo per competere, ma anche per battere i migliori. Tutte componenti che, magicamente, si sono unite insieme in questo suo incredibile Australian Open, dove è riuscito nell’impresa di battere una dietro l’altra le prime due teste di serie (Djokovic e poi Nadal), cosa che non succedeva da quasi trent’anni, per portare a casa il suo primo titolo dello Slam. E poco importa che lo spagnolo in finale sia stato limitato da un problema alla schiena: lo svizzero stava dominando anche prima dell’infortunio di Nadal, e in generale la sua vittoria è limpida e meritata.

Non è chiaro se il nuovo numero tre del mondo potrà anche in futuro competere per la vittoria nei tornei più importanti o se rimarrà un “one slam man” come è già successo a tanti altri: la seconda sembra francamente l’ipotesi più probabile, ma Wawrinka ha già ampiamente smentito il pronostico in questo incredibile gennaio, e ha sicuramente il tennis per potersi togliere qualche altra grande soddisfazione. A Nadal resta invece l’amaro in bocca per non aver avuto la chance di giocare ad armi pari questa finale, ma con il suo tennis gli infortuni sono sempre dietro l’angolo, gli è già successo in passato, e pure lui in conferenza stampa ha ammesso che sono cose che succedono, e che tra qualche settimana sarà di nuovo ok.

Deludente invece il torneo di Djokovic, che l’aveva vinto tre volte in fila prima di perdere da Wawrinka, così come quello di Murray, che non è ancora rodato al punto giusto dopo l’infortunio alla schiena. Qualche progresso ha evidenziato Federer, che però in semifinale contro Nadal non è stato particolarmente competitivo, mentre gli altri sono apparsi, al solito, dei contender senza speranze reali.

In campo femminile ecatombe di favorite all’inizio della seconda settimana, e una volta che la Ivanovic ha buttato fuori l’imbattibile Serena Williams, il tabellone si è aperto e tante avevano un chance di vincere il torneo. L’ha sfruttata meritatamente Li Na, giocatrice cinese al secondo titolo Slam in carriera, che ha approfittato delle sconfitte delle deludenti Sharapova e Azarenka, per portare a casa facilmente il titolo (match con la Safarova escluso).

Tra gli italiani Fognini ha fatto il suo arrivando al preannunciato scontro con Djokovic, ma poi contro il serbo non ha giocato. Maluccio gli altri, così come Errani e Vinci, che hanno sì vinto ancora una volta il torneo di doppio femminile, ma che in singolare sono state entrambe eliminate al primo turno. Si è salvata la sola Pennetta, che sta vivendo una seconda giovinezza, ed è arrivata ai quarti di finale.

Archiviata la lunga trasferta down under, il circuito torna in Europa per tutto il mese di febbraio, ma gli appuntamenti veri arriveranno a marzo, con la disputa dei grossi Master 1000 americani all’aperto. Fino ad allora per quasi tutti i top player ci saranno solo allenamenti.