Stan Wawrinka, da ranocchio a principe

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Stan Wawrinka quando è in giornata è «abbastanza» pericoloso anche sulla terra battuta… Questo il responso del torneo di Montecarlo, dove lo svizzero ha vinto il primo Master 1000 della sua carriera, battendo in finale Roger Federer. Wawrinka, dopo il primo Slam in gennaio, sembra averci preso gusto, essersi tolto di dosso la nomea di incompiuto, e si sta inserendo a pieno titolo nelle gerarchie del tennis di vertice.

Nella finale disputata contro Federer è partito male, era nervoso e contratto, come al solito contro il suo amico e idolo. Ma una volta smarrito il set iniziale (primo e unico di tutto il torneo) ha lentamente preso in mano la partita e ha finito per dominarla. Con Stan non si sa mai, perché mai si sa come giocherà la prossima volta, ma con questo livello di rendimento (in semifinale aveva annichilito Ferrer) può essere molto pericoloso anche a Madrid, Roma e Parigi.

Non sembra potersi dire lo stesso per Federer, che tra occasioni mancate, maratone, errori banali, mancanza di killer instinct, quest’anno ha perso 3 delle 4 finali disputate. In tutte, dando l’impressione di arrivare al fotofinish più stanco dei suoi avversari (pure di Hewitt, che non è più giovane di lui). Difficile pensare che Roger, vicino ai 33 anni, possa vincere ancora tornei veri sulla terra, e probabilmente questa di Montecarlo, la quarta, tutte perse, resterà probabilmente la sua ultima finale nel Principato.

Degli altri big non è chiaro con quale impressione andarsene: Djokovic aveva male a un polso e anche se è arrivato in semi, contro Federer in quelle condizioni non aveva chance. Nadal invece, dieci anni dopo, è riuscito a regalare a Ferrer la soddisfazione di batterlo di nuovo sulla terra. Rafa ha giocato proprio male, e solo le solite paure di David gli hanno permesso di limitare, almeno numericamente, la sconfitta.

Ora Nadal si è rifugiato a Barcellona, dove solitamente vince il torneo e si risolleva il morale, se ce n’è bisogno. Poi da maggio si ritorna a fare sul serio e vedremo se c’è davvero qualche crepa nel suo gioco. Tutti gli altri o non c’erano (vedi Murray) o non sono pervenuti (tipo Berdych, viene da dire come al solito quando conta), o proprio non vogliono decollare (vedi Dimitrov) e ancora una volta si ha l’impressione che il tennis che conta sia sempre ristretto ai soliti tre-quattro nomi. Nulla di nuovo, per ora. Se escludiamo Stan.