West Awards

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Best Player: KEVIN DURANT

A soli ventitreanni ha conquistato il suo terzo titolo di fila di capocannoniere della Lega ed ha condotto i suoi Oklahoma City Thunder in maniera magistrale sia durante la regular season che i playoff. In stagione regolare, così come nei playoff (finale a parte), è stato l’uomo più costante ed affidabile, quello sul quale i Thunder sapevano di poter sempre fare affidamento.

La vittoria contro gli Heat nelle Finals 2012 lo avrebbe direttamente lanciato nell’olimpo dei grandissimi NBA, ma alla prima finale e contro questo LeBron James non c’è stato modo di vincere. Bisogna comunque ricordare che il ragazzo ha guidato i suoi all’eliminazione dei campioni in carica dei Mavs, dei Lakers e degli Spurs, insomma tutte le ultime squadre che avevano vinto un titolo NBA ad Ovest. Non male come biglietto da visita anche per il prossimo anno.

Best Team: SAN ANTONIO SPURS / OKLAHOMA CITY THUNDER

Non me la sono sentita di lasciare fuori gli Spurs dopo l’incredibile regular season che hanno disputato, conclusa con il miglior record della Lega. Certo i Thunder sono arrivati secondi, distaccati di poco, e nella finale di Conference hanno ribaltato,  meritatamente, la gerarchia stabiita in regular season ed è per questo che ritengo un ex equo la decisione più giusta. I Thunder erano partiti fortissimo in regular season, galvanizzati dall’esuberanza atletica e dalla giovane età che sicuramente si sono abbinate bene alla schedule particolarmente compressa, e fin dopo l’All Star Game in pochi pensavano che potessero essere raggiunti. Ma la seconda parte di stagione degli Spurs è stata fenomenale con strisce incredibili di vittorie ed il tutto sempre amministrando al meglio, sia nei minuti concessi che nelle gare off, i suoi elementi chiavi. Ovviamente i Thunder si sono rifatti alla grande della rimonta subita in regular season vincendo lo scontro diretto nella finale della Western Confernce e, probabilmente, togliendo l’ultima reale chance di titolo a Duncan.

Biggest disappointment: PORTLAND TRAIL BLAZERS

I Blazers hanno disputato una stagione terribile! Mia scelta come possibile blackhorse della stagione 2011-12 sono letteralmente implosi strada facendo e ciò nonostante una buona partenza. Squadra con evidenti problemi nel ruolo di centro ma dotata di una panchina di altissima qualità. Batum e Crawford rappresentavano quanto di meglio si potesse trovare nella scorsa stagione NBA come sesto e settimo uomo. Se poi pensiamo al quintetto con Batum e Wallace ali e LaMarcus centro è difficile capire le cause del tracollo Blazers. L’imputato numero uno è sicuramente Felton che si è presentato ad inizio stagione sovrappeso e non è mai risucito a prendere le redini del gioco dei Blazers. Privi di una vera guida e con note “teste calde” in squadra (Crawford, Wallace, lo stesso Batum) i malumori sono esplosi alla prima crisi. McMillan non è risucito a compattare il gruppo ed è stao il primo a farne le spese. La cessione di Wallace e l’infortunio di Aldrige hanno messo la parola fine ad una stagione già ampiamente negativa.

Biggest surprise: UTAH JAZZ

Scelta difficile, ma vado con i Jazz in quanto sono stati capaci di raggiungere la post season. All’inizio della stagione non erano esattamente considerati tra le otto squadre papabili per un posto ai playoff, e se pensiamo che Devin Harris ha disputato probabilmente la peggiore stagione della sua carriera e Josh Howard è stato (come suo solito) soggetto a frequenti stop, il risultato conseguito è ancora più rimarchevole. Millsap avrebbe meritato senza ombra dubbio la sua prima convocazione all’All Star Game e, assieme ad Al Jefferson, ha formato uno dei migliori reparti lunghi dell’intera NBA. Gordon Hayward nel suo secondo anno NBA ha dimostrato di poter stare tranquillamente nelle Lega crescendo come rendimento in corso di stagione. Coach Corbin ha gestito il gruppo magistralmente e dalla panca Evans (soprattutto) e Kanter hanno fatto vedere ottime cose. Il futuro sembra roseo anche se manca un vero e proprio play, Harris non lo era e il nuovo arrivato Mo Williams, nemmeno.

Best rookie: RICKY RUBIO

Rubio ha stupito tutti, soprattutto i suoi molti detrattori che non lo ritenevano un giocatore in grado di avere impatto immediato nell’NBA. La difesa rimane, e probabilmente rimarrà, sempre un puinto debole ma la visione di gioco offensiva, la capacità di coinvolgere i compagni, ponendoli in posizione di realizzare facilmente ha pochi eguali. Il tanto denigrato tiro è sembrato migliore di come veniva descritto in Europa e l’intesa sviluppata con Love lo rendono uno dei protagonosta della Lega nei prossimi anni (infortunio permettendo).

Best coach: SCOTT BROOKS

Ogni anno è riuscito a portare la sua formazione un passo più avanti e a miglliorasi costantemente. Durante la regula season è stato superato da coach Popovic, eletto poi allenatore dell’anno, ma la finale di Conference ha dimostrato come Brooks appartenga pienamente all’elite dei coach NBA. Può sembrare quasi profano quello che sto per affermare ma coach Brooks è stato capace di rubaltare la serie con gli Spurs battendo coach Pop sullo scacchiere tattico. Le mosse di Thabo in marcatura su Parker e gli altri accorgimenti, soprattutto difensivi, sono stati determinanti per il risultato finale.

Nella serie finale con Miami, coach Brooks ha avuto evidenti problemi nelle letture difensive della sua squadra e, altresì, di gestione del personale. Probabilmente il piano difensivo non era all’altezza della finale e il coach di OKC ha pagato dazio alla sua prima sul palcoscenico più importante ma, probabilmente, contro questo LeBron non ci sarebbe stato nulla da fare in ogni caso.