Dove è finito il calcio italiano?

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Esattamente come un titano poteva dominare nella mitologia, il campionato di calcio italiano, tra la metà degli anni ’80 e l’inizio del nuovo millennio, primeggiava in Europa e nel mondo ed era considerato come il più bello e ambito in cui giocare dal “gotha” dei calciatori stranieri.

Come ogni cosa bella e desiderata, la ricchezza che ne scorreva al suo interno ha fatto la differenza sia per chi comprava sia per chi arrivava, il binomio fascino & soldi era irresistibile per chiunque; dai primi anni ’80 campioni del calibro di Platini e Maradona, Junior e Falcao senza dimenticare anche i vari Dunga, Elkjaer, Careca, Laudrup, Van Basten, Matthaus e tanti altri sono sbarcati in Italia.
In questo periodo in cui la pecunia sonante era ancora la Lira, destavano scalpore nel “popolino” gli ingaggi dei calciatori (Maradona e Platini guadagnavano circa 2 miliardi di Lire l’anno) e i comportamenti dei loro procuratori volti molto più a fare gli interessi propri che quelli del loro assistito; indimenticabile la telenovela di “Mr.” Caliendo, procuratore di Carlos Dunga, per quello che fu il mancato trasferimento dalla Fiorentina alla Juventus. Al tempo, giocatore e procuratore pretendevano più soldi di quanti guadagnava Platini pochi anni prima del suo ritiro.

Con il passare degli anni s’innescò un meccanismo tanto potente quanto assurdo che vide protagonisti da una parte i procuratori e i giocatori con le loro richieste sempre più onerose, dall’altra i presidenti dei Club e le loro passioni, messi con le spalle al muro da una serie d’interessi economici che vorticosamente travolsero il loro mondo.
All’inizio degli anni 2000, si arrivò alla follia, pura e semplice e se ne videro di tutti i colori; fiumi di soldi per giocatori forti ma anche per giocatori mediocri, fiumi di soldi a procuratori come a “strani” consulenti e collaboratori.
Si diede vita a un vero e proprio scempio di denaro con trasferimenti di giocatori come quelli di Buffon, Nedved e Thuram alla Juventus senza dimenticare il passaggio di Batistuta alla Roma, Mendieta alla Lazio, Ronaldo e Vieri all’Inter, Sevcenko e Inzaghi al Milan e moltissimi altri.
Furono poche le società lungimiranti che riuscirono a organizzarsi evitando possibili crack finanziari; tra queste l’Udinese del ”patron” Pozzo, grazie ad una politica gestionale basata su una fitta rete di osservatori internazionali, acquistò giocatori validi e sconosciuti a prezzi bassissimi per poi rivenderli decuplicandone il valore. Molti altri Club al contrario furono travolti dalla corrente.

Esplosero poi con vigore polemiche e scandali come le guerre per i diritti televisivi, lo scandalo dei passaporti falsi, i tormentoni arbitrali sulla cosiddetta “sudditanza psicologica”, il doping farmaceutico e quello amministrativo, il decreto “spalma debiti” per il quale si scomodò addirittura il Parlamento per salvare Roma e Lazio fino alla bomba atomica di Calciopoli o Moggiopoli e il ritorno del calcio scommesse.

La situazione da qualche anno vede un campionato mediocre nel gioco e sterile nella sua integrità, i campioni sono in fuga e quelli che sono già all’estero ci rimangono proprio perché la ricchezza e il fascino non abitano più in Italia, gli stadi sono vecchi e semi-vuoti e i prezzi dei biglietti per lo spettacolo che si vede non sono certo economici.

Le società hanno, dalle più grandi alle più piccole, ricercato dei palliativi per la loro sopravvivenza e pur aumentando il “parco giocatori” e gli staff tecnici, sono tutte molto più attenti a contenere i costi tant’è che i calciatori con cartellino a costo “zero” sono quelli maggiormente richiesti.
La credibilità del nostro campionato e di tutto il movimento calcistico è ormai perduta, forse per anni.
Cosa si può fare per risanare un campionato così inquinato?
Il Presidente del Consiglio Monti aveva consigliato dopo il recente calcio scommesse di fermare i campionati per un paio di anni ma non è la soluzione adatta per dare una svolta, vanno piuttosto ricercati interventi concreti e immediati con l’accordo comune di tutti i protagonisti quali investimenti in strutture nuove e private (lo Juventus Stadium ne è un esempio), nuovi regolamenti e più severi controlli per evitare il ripetersi di scandali come “Moggiopoli”. Solo se s’interverrà con determinazione e fermezza il campionato italiano potrà riacquistare serietà e credibilità e di conseguenza far riguadagnare al torneo il prestigio di cui godeva solo una quindicina d’anni fa.
Servirà anche un intervento da parte della “ Uefa”, indifferente e colpevole in troppi aspetti, necessiteranno regole finanziare e sportive univoche per tutti i campionati coinvolti e controlli per non falsarne la regolarità, riportando il calcio al suo spirito originario, liberandolo dai troppi interessi che ne hanno soffocato il movimento.

Vedremo cosa ci riserverà il futuro, con l’amaro in bocca di chi sportivo si continua a domandare dove sia finito quello che era considerato il più bel campionato del mondo. Gli amanti del Fantacalcio e dei vari giochi della playstation sperano tutti di poter riassaporare il gusto del Calcio, quello vero.