Rose, nel nome del padre.

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Nonostante ad inizio stagione il ritorno di Tiger Woods al vertice dell’ Official World Golf Ranking ci aveva riportato ad un’ epoca golfistica di inizio secolo, per quanto riguarda i Major Championship disputati fino adesso, una nuova generazione di golfisti sembra finalmente farsi largo. Dopo la prima volta del trentaduenne Adam Scott ad Augusta, dalla provante 113° edizione dell’ U.S.Open, giocata sul percorso di Merion Golf Club, ecco la consacrazione per Justin Rose.

Rose, inglese di passaporto, ma nato trentatrè anni fa in Sud Africa, interrompe l’ astinenza di vittorie di un suddito della Regina Elisabetta che durava da 43 anni, quando a vincere lo U.S.Open era stato Tony Jacklin. Uno degli eroi nella rimonta in Ryder Cup dell’ anno scorso al Medinah, Rose è stato un golfista prodigio. A soli 17 anni da amateur ha terminato al quarto posto l’ edizione 1998 dell’ Open Championship at Royal Birkdale gettando le basi per una futura carriera da professionista. Carriera iniziata con qualche difficoltà per via di parecchi tagli mancati, ma già di ottimo livello quando nel 2007 vince l’ European Order of Merit. Altri importanti successi nel corso di questi ultimi anni sia sul circuito europeo così come su quello americano con un sigillo di tutto rispetto nel 2012 al WGC Cadillac Championship.

Adesso vincitore di Major.

A Merion non è stata una passeggiata quella di Rose. Su di un campo preparato come sempre al limite della praticabilità dai soci dell’ USGA è stata una gara a non mollare. Dopo i primi tre giri del percorso, con score umilianti per chi è abituato ad attaccare ad ogni buca e poco propenso a difendersi da errori fatali, almeno una decina di giocatori partivano per l’ ultimo giro col sogno di un successo finale.

In testa a tutti, unico score sotto il par (-1), il californiano Phil Mickelson, che nel giorno del suo 43° compleanno sperava fosse la volta buona dopo essere terminato al secondo posto in ben cinque precedenti edizioni. Ma domenica è stato un susseguirsi di cadute, da Donald a Schwartzel, da Horschel a Stricker e via via fino al giro in 74 colpi di Mickelson e quello in 75 di Mahan. Uno dietro all’ altro, nonostante alcune rimonte come quelle di Els e di Dufner, ottime però, solo per un quarto posto finale.

Il giro in 70 colpi (5 birdie e 5 bogey) in stretto par di Rose è quello giusto, quello che serve per coronare una domenica speciale. Quando alla difficile buca 18 chiude con un putt la buca nei quattro colpi regolamentari, con un punteggio totale di 281 colpi (71-69-71-70), non può che ringraziare il cielo. Da lassù nella domenica che negli USA dedicano al Father’s Day, forse lo zampino del padre Ken, morto di leucemia nel 2012. “Non ho potuto fare a meno di dare un’occhiata su in paradiso e pensare che il mio vecchio non avesse qualcosa a che fare con quanto mi è accaduto” dichiarerà l’ inglese, dopo che terminata l’ ultima partita di Mickelson e Mahan, potrà finalmente gioire.