IndyCar, ricordi il 1° Maggio 1994?

American Sport ma non solo ! Registrazione necessaria prima di poter dire la vostra.

Un’altra tragedia sfiorata nella Indycar. In gara 1 sabato, durante l’insolita partenza da fermi sperimentata per la seconda volta quest’anno, Carpenter e Hinchcliffe seminano il panico al semaforo verde. Per un attimo il ricordo torna a quel 1º Maggio 1994 maledetto, dove in partenza Pedro Lamy e JJ Letho sparano pezzi di vettura fin sulla tribuna, colpendo numerosi spettatori.

 
È andata peggio domenica, quando nell’ultimo giro, a poche centinaia di metri dall’arrivo, entrano in collisione Takuma Sato, Dario Franchitti e EJ Viso. Un guasto tecnico sulla vettura del giapponese, spedisce lo scozzese nelle reti di protezione che poi rimbalza in pista, la rete si stacca e si schianta ai piedi della tribuna, i pezzi della sua Dallara colpiscono una quindicina di spettatori mentre un commissario viene steso dal rimbalzo di una ruota volata dapprima in aria e poi verso la postazione degli sbandieratori. Sembra un campo di battaglia, ma Dario è l’unico che paga le conseguenze peggiori, con due vertebre fratturate, una caviglia KO e un trauma cranico. Anche il commissario e qualche spettatore avranno bisogno delle cure mediche, ma fortunatamente le conseguenze per loro saranno comunque limitate.

 
C’è però un’immagine inquietante, che viene trasmessa brevemente dalla telecamera posta qualche metro dopo il punto di impatto. È l’immagine del profilo della rete che ospita appunto la telecamera, collegata con altre a quella sfondata e scagliata verso il pubblico. Un profilo macabro, che svela una serie di tondini di metallo pronti a conficcarsi ovunque in caso di impatto. E ancora il ricordo va a quel 1º Maggio 1994, con quel pezzo di sospensione affilato che trafigge il casco di Senna come un lama nel burro. In questo caso, Dario ha rischiato di diventare un pezzo di groviera.

 
Inutile cercare un colpevole quando si corre su piste ricavate nel parcheggio di uno stadio, quello di Houston, tutto saltelli e gradini. È questo in fondo il bello della IndyCar. I duelli rusticani che tutti vorremmo vedere in Formula1, qui sono all’ordine di ogni giro, ma ancora una volta la sicurezza in pista non segue di pari passo i progressi delle vetture. Troppa è la differenza tra le strutture passive presenti sugli ovali rispetto a quelle posticce dei tracciati stradali. Forse il ritorno nel 2014 di un pilota come Montoya, potrebbe servire da trampolino per quel progetto di rilancio della IndyCar, con conseguente miglioramento di tutta l’organizzazione. Saranno pure corse “all’americana”, ma nessuno dovrebbe volere sulla coscienza un altro Wheldon.